Alaska Cocktail: Ricetta e Preparazione

America 16 ott 2019

ALASKA

2 oz OLD TOM GIN

2 oz CHARTREUSE GIALLA

2 Dash ORANGE BITTER

BICCHIERE: COPPETTA

METODO: SHAKE & STRAIN

GUARNIZIONE: SCORZA LIMONE


IL NECESSARIO

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Bicchiere

Bottiglie

Strumenti

STORIA

Era il 1867 quando l’America acquistò l’Alaska dai russi, e dal gennaio del 1959 entrò a far parte del Stati Uniti. Di certo l’esborso economico americano non fu visto di buon occhio dall’opinione pubblica che vedeva nell’Alaska esattamente quello che è, un posto inospitale freddo e fondamentalmente inutile; almeno fino a quando due nativi del posto ed un californiano nel 1896 scoprirono casualmente dei giacimenti d’oro, ecco che l’Alaska divenne ben presto metà di una delle corse all’oro più famose di sempre. 

Tutto questo ha ben poco a che fare col nostro cocktail, ed in effetti la nostra miscela non sembra trovare legami con la regione statunitense, forse il nome può aiutare a livello inconscio l’attesa di un drink secco ghiacciato e di certo non adatto a tutti, coadiuvando un lavoro cerebrale che ben rispecchia quanto poi arriva in bocca dopo il primo sorso. Ma queste sono solo nostre supposizioni, di vero c’è solo che l’Alaska è un drink la cui vera origine ancora oggi è avvolta dal mistero.

Questo ha da sempre comportato una grande soggettività nell’interpretare la ricetta originale, se per originale intendiamo quella che per prima è apparsa su qualche libro di settore, in tal caso ci riferiamo alla codifica del 1913 di Jacques Straub che nel suo “Straub’s manual of mixed drinks” la riporta come segue:

1 dash di orange bitter

1/3 jigger di yellow chartreuse

2/3 jigger di old tom gin

Il tutto shakerato e servitor in coppetta.

A differenza di altri classici per l’ Alaska non troviamo alcuna traccia precedente a questo ricettario.

La mancanza di un dettame chiaro e dettagliato ha permesso ai grandi barman del passato di reinterpretare la codifica e gli ingredienti a proprio piacere, così Craddock nel suo “The Savoy cocktail book” il gin cambia e diventa un london dry e sparisce il bitter:

1930 Craddock recipe:

¾ dry gin

¼ chartreuse gialla

Anche in questo caso shakerato e filtrate in coppetta.

Codifiche successive apparse su manuali e riviste specializzate del tempo mantengono la stessa struttura ed ingredienti modificando qua e là le dosi degli stessi, privilegiando una beva più secca o morbida giocando con distillato e liquore.

Sulla codifica dell’Alaska è intervenuto anche David Embury, luminare della mixologia, secondo cui il drink migliorerebbe notevolmente togliendo il bitter ed aggiungendo una o due parti di dry sherry e con la diminuzione di un tono di chartreuse, inoltre consiglia di stirrare il drink e non shakerarlo.

Nel suo libro del 1958 “The fine art of mixing drink” troviamo la seguente dicitura:

1 part of yellow chartreuse

5 to 7 parte of dry gin

Stir. A twist of lemon over each drink. This is call also ORIENTAL. It can be greatly improved by using less charteuse and adding 1 or 2 part dry cherry. This is the NOME.

Seguace della formula di Embury fu Peter Pauper  che nella sua ricetta del 1962 presa dal libro “the ABC of cocktails” l’Alaska segue questa codifica:

6 parti di gin

1 parte di dry cherry

1 parte di yellow chartreuse

Stir with ice and strain

Per una volta non abbiamo leggende, narrazioni antiche, miti a cui aggrapparci o da sfatare, per una volta non sappiamo davvero nulla sull’origine vera e certa del drink, fortunatamente questa mancanza ha permesso ai grandi padre della miscelazione ed ai loro seguaci di “twistare” la ricetta secondo gusti propri e dei loro clienti, lasciandoci in eredità una varietà di ricette cui ispirarci.

A noi come sempre piace prendere come caposaldo da cui partire la codifica più antica che abbiamo trovato, ma in questo caso come non mai, vi chiediamo aiuto nel caso trovaste qualche info sul drink precedente alle nostre nozioni e se avete aneddoti o storie relative al cocktial più freddo che ci sia, condividetele con tutti noi appassionati.

Cheers!

Michelangelo

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