I Bitter

Ogni volta che mi trovo a fare lezione o che cerco di spiegare come bilanciare al meglio un drink ai miei ragazzi, che siano corsisti o siano collaboratori, una delle domande più frequenti che ricevo è: “ma cos’è un bitter? E come si usa?

Con questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande, andando a vedere come poter fare un bitter homemade dettagliando alcune fasi della produzione, ma senza tralasciare mai digressioni storiche, componente assai cara a noi di ITB.

In realtà spiegare in poche parole cos’è un bitter non è lavoro difficile, semplicemente potremmo dire che i bitters sono dei prodotti ottenuti dall’ infusione di spezie, erbe, cortecce, radici, scorze di agrumi e botaniche varie, in alcool ad alta gradazione, in cui lo zucchero difficilmente trova spazio.

La loro nascita è strettamente legata agli amari (da qui il termine in inglese), alla farmaceutica ed agli elisir di lunga vita e se pensiamo a quante nuove spezie siano arrivate da oriente nel XV e XVI sec.  in Europa, capiamo come medici e farmacisti abbiano potuto sbizzarrirsi nella realizzazione di soluzioni alcoliche a scopi medicamentosi, per guarire ogni sorta di malanno, cambiando semplicemente la posologia e l’assunzione in purezza o meno dei loro bitters, che venivano inizialmente utilizzati come medicinali ad ampio spettro. Molti di questi nascono nelle farmacie e la composizione e formulazione rigorosamente segrete permisero un utilizzo variegato a seconda dell’indisposizione da curare; così vediamo che per il benessere del cuore un cucchiaino in purezza è l’ideale, o due allungati con del vino fanno miracoli per l’indigestione, puri per le coliche e ancora meglio, se frizioniamo il petto con il bitter otteniamo risultati miracolosi contro la febbre, purchè assunto contemporaneamente per via orale…insomma questi esempi ci riportano ad un tempo in cui la soluzione empirica era ancora la miglior avanguardia. Così assistiamo ad una diffusione assai capillare di queste presunte “panacee”, che si usavano per guarire da ogni malessere, che fosse un morso di serpente, un mal di pancia o anche il semplice male di vivere e, come spesso accade, divenne ben presto un prodotto modaiolo, al punto di avere sempre con se una bottiglietta di questo “magico elisir” che si assumeva anche solo per la presunzione di un benessere psicofisico, ma senza alcuna prescrizione né indicazione medica. Col passare dei secoli lo sviluppo tecnologico permise capire come utilizzare in maniera mirata il principio attivo di una pianta o un’erba, andando a scoprire realmente quali benefici potessero apportare i bitters.

I bitters come li conosciamo oggi, soprattutto come gli utilizziamo in miscelazione, hanno origine in America nei primi dell’800, dove uno dei grandi protagonisti fu Antoine Amedee Peychaud, farmacista creolo francesce di New Orleans che creò il suo bitter (ancora oggi diffusissimo) che era solito servire ai propri pazienti la mattina, come corroborante, ma che ben presto trovò spazio all’interno di uno dei drink più famosi al mondo, il Sazerac, creato al bar accanto alla sua farmacia.

Il mitico Jerry Thomas mentre prepara il Blue Blazer

Accanto a Peychaud troviamo altri nomi illustri come Siegert e Boker (leggi Angostura e Boker’sbitter, di cui Jerry Thomas era sostenitore) entrambi medici che cercavano rimedio per i malanni, soprattutto quelli dei marinai che solcavano i mari in quegli anni.

I bitters non erano certo pensati per essere gradevoli al gusto, anzi come spesso accade per le cose che ci fanno bene erano assai amaricanti e sgradevoli, ma ciò non importava alla gente che, grazie al potere mediatico e del fenomeno di costume, era ben disposta a soprassedere a tale problema pur di farsi notare con la propria bottiglietta di bitter, ultimo grido in fatto di moda e salute.

Dopo un periodo di splendore coinciso con la miscelazione classica ed il relativo declino proibizionista, negli ultimi anni si sta riscoprendo interesse verso questi prodotti, anche per via della “new golden age of cocktail” di cui abbiamo già parlato.

Vediamo ora alcuni dettagli sulla produzione dei bitters; abbiamo già visto che si tratta di macerazioni o infusioni di erbe spezie… in alcool.

Per produrre un bitter è sempre necessario reperire gli agenti amaricanti (es: radici di Angelica, Bardana, Genziana, dente di leone, foglie di carciofo, noce nera…ecc…)  poi dobbiamo cercare l’agente aromatico che generalmente sono tutte le spezie (cardamomo, chiodi di garofano, liquirizia, anice stellato, cannella, noce moscata, bacche di ginepro…ecc…) erbe e fiori possono fare al caso nostro, ma attenzione ai tempi di infusione in alcool, c’è il rischio di bruciarli o di estrarre note sgradevoli; componenti molto importante sono anche le scorze degli agrumi e frutta in genere.

Ora che abbiamo raccolto tutto il materiale possiamo scegliere se lavorare per infusione, macerazione e se utilizzare un alcool neutro oppure un distillato a base cerealicola, come gin , vodka o whisky, a seconda del risultato che vogliamo ottenere; scegliamo anche se preferiamo inserire tutte le botaniche nel nostro alcool oppure creare macerazioni separate, cosa che consiglio caldamente visti i differenti tempi di estrazione di ciascuna botanica. Assaggiamo e agitiamo il contenuto dei nostri barattoli più volte al giorno per diversi giorni, fino a che lo spettro aromatico rilasciato dall’ingrediente sia quello che ricerchiamo; una volta raggiunto il risultato desiderato da ogni infusione andremo a filtrare con un colino ed un panno a maglie fini i nostri infusi in modo da chiarificarli al meglio.

Ora la maestria sta nel creare il giusto blend, andando a creare goccia su goccia il nostro bitter che dovrà poi essere diluito con acqua distillata per abbassare il grado alcoolico attorno ai 40°.

Qui abbiamo descritto brevemente il processo produttivo di un bitter ottenuto per infusione, anche per aiutarvi nel caso vogliate cimentarvi in una produzione homemade, è altresì vero che i bitter possono essere ottenuti per distillazione, procedimento che è solitamente appannaggio delle grandi aziende produttrici.

Qualora vogliate creare, invece, un amaro od un liquore (stretti parenti dei bitter per via delle molteplici botanche presenti) dovrete prestare attenzione ad alcune regole fondamentali che mette a disposizione il disciplinare italiano, precisando subito le differenze dei vari prodotti, che solitamente sono date dalla presenza e quantità di zucchero.

Un amaro, secondo la legge italiana, è classificato in base alla quantità di zucchero e al rapporto amaro/aroma, di conseguenza si dividono in diverse categorie, amarissimi, molto amari, aromatici, amari aromatici medi ed amari molto aromatici; il volume d’alcool deve essere di 15° e lo zucchero presente sotto la solgia del 10%, oltre questa soglia si parla di liquori.

Questo è solo un esempio di come i disciplinari e le leggi regolamentino tutte le produzioni, pertanto, qualora stiate pensando di metter su una azienda di liquori ed amari, dovrete prestare molta attenzione a questo aspetto.

E ricordatevi che c’è un vecchio detto tra barman che dice: “Il bartender è solo un farmacista con un inventario limitato pertanto sta a voi ampliare sempre più le vostre conoscenze e trasferirle nelle vostre pozioni magiche!

Alla salute!

Michelangelo

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