Il Triangolo commerciale del Rhum
Come molti di voi sapranno il rum è stato protagonista, assieme ad altre materie prime come cotone, tabacco, caffè e cacao, del commercio che ha reso grandi gli imperi coloniali europei tra il 1500 ed il 1850.
Per capire bene le dinamiche di questo mercato dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, fino ai tempi dell’utlima crociata, quando le prime notizie circa l’esistenza di piantagioni rigogliose di canna da zucchero in Libano arrivarono fino in Italia ed Europa. Sotto le direttive del Papa Gregorio X queste piantagioni vennero date in gestione ai mercanti italiani, sfruttando un percorso che sarà poi caro alla via delle spezie. Il Libano fu però riconquistato dai musulmani, pertanto il mercato della canna da zucchero volge lo sguardo verso altri territori e ne trova di molto fertili nelle Azzorre, nelle Canarie e, ben presto, anche nell’isola di Madeira dove, sotto l’egemonia del re del Portogallo, si decise di ridurre in schiavitù le popolazioni locali facendole lavorare nelle piantagioni.
Sono proprio le canne da zucchero di Madeira quelle che Cristoforo Colombo porta con se nel secondo viaggio verso il Nuovo Mondo, coltivandole sull’isola di Hispaniola ed iniziando anche qui un metodo di coltivazione basato esclusivamente sulla schiavitù. Lo sviluppo di queste piantagioni ed il risultante prodotto furono talmente elevati e talmente proficui che ben presto distolsero l’attenzione dei conquistadores dalla ricerca dell’oro e del sogno di El Dorado.
Queste esuberanti coltivazione portarono però i primi segni di quello che sarebbe successo nei trecento anni successivi; le popolazioni indigene ridotte in schiavitù furono decimate, stremate dalla fatica del lavoro e dalle malattie portate dagli europei. Così i coloni si videro costretti a cercare altra manodopera da portare nelle isole, manodopera che trovarono nei possedimenti africani. I portoghesi nel frattempo ebbero in concessione dal Papa Alessandro VI la parte atlantica dell’America Latina ed anche qui la canna da zucchero fiorì a tal punto che superò la produzione delle colonie d’Africa, che divenne di fatto un utile bacino di raccolta per avere manodopera gratuita in Brasile.
Si aprì cosi quella che viene definita Tratta Atlantica, che diede di fatto il via a quel triangolo commerciale che tutti noi conosciamo, causando la più grande migrazione di massa della storia, seppure forzata.
Il triangolo commerciale, brevemente descritto, si articola in questo modo:
Le navi Europee salpavano dai rispettivi porti alla volta delle colonie africane, portando con se tessuti, armi e rum; una volta giunti a destinazione scambiavano questi beni con gli schiavi che, incatenati nelle stive delle navi, compivano il viaggio in condizioni igieniche disarmanti. I sopravvissuti a questo terrificante viaggio venivano venduti al mercato degli schiavi ai proprietari delle piantagioni, che rifornivano le navi con tabacco, rum, caffè, zucchero e cotone. Le navi cariche delle materie prime facevano poi ritorno al porto d’origine, chiudendo così il triangolo.
I paesi che più di ogni altro si distinsero per una produzione di zucchero qualitativa e quantitava notevolmente elevata furono le Barbados (UK) fino alla metà del ‘700, per poi essere surclassate da Giamaica e Santo Domingo, sotto l’egemonia francese. La rivoluzione industriale portò con se tecniche e strumenti innovativi in ogni settore, e l’agricoltura non fu meno coinvolta da questo processo,tanto che grazie all’applicazione di nuovi metodi di irrigazione portate dai tecnici transalpini la produttività di canna da zucchero aumentò notevolmente e si poterono impiantare anche altre specie di canna; inoltre la distillazione era ormai faccenda seria e non aveva più segreti, pertanto l’installazione di alambicchi direttamente presso le fazende delle colonie facilitava la produzione di rum a pochi passi dalle piantagioni, impedendo che la canna tagliata cominciasse a fermentare prima di arrivare alle aziende produttrici, rovinando di fatto il raccolto.
Inoltre i francesi cominciarono a utilizzare ottimi mosti da immettere nelle caldaie, retaggio vitivinicolo che pensarono bene di provare a sfruttare per ottenere distillati migliori.
I commerci che seguivano queste rotte del triangolo commerciale, portavano enormi profitti alle potenze europee che ben presto, però, si videro costretti a combattere con un movimento che stava rendendo oltremodo difficili i viaggi dei propri vascelli commerciali, la pirateria.
I pirati tra il XVI ed il XVII sec. battevano i mari caraibici arrembando le navi mercantili europee, sottraendo le merci stivate e causando enormi perdite sia in termini economici sia in termini umani.
Per fronteggiare questa minaccia nel 1630 inglesi e francesi concessero ai bucanieri l’isola di Tortuga come base e roccaforte per le loro azioni di brigantaggio. Inoltre le potenze cominciarono ad assoldare dei pirati per averne i favori e salvaguardare le proprie flotte, diversi furono i corsari che si sottomisero alle bandiere dei potenti.
Il più famoso è sicuramente Sir Francis Drake (1540-1596) che venne addirittura insignito del titolo di baronetto dalla regina d’Inghilterra, per l’attività svolta contro le navi spagnole ed in appoggio a quelle della Royal Navy.
Francesco Nau, detto L’olonese (1634-1671), fu uno dei pirati più feroci e cruenti che abbiano mai solcato i mari, dedito a combattere le navi dell’impero spagnolo grazie all’incondizionato appoggio di monsieur De La Place, governatore dell’isola di Tortuga.
Curiosa la storia del pirata Henry Morgan (1635-1688), che dopo essere stato schiavo ed aver intrapreso la vita da corsaro, venne catturato e portato a Londra dove fu graziato e spedito in Giamaica come governatore.
A bordo delle navi dei pirati si beveva il Draque, l’antesignano del moderno mojito, preparato con rum, zucchero e foglie di menta. Ma il rum non era presente soltanto sulle navi dei bucanieri, bensì anche su quelle di tutte quelle dell’impero inglese dove veniva usato per creare bevande corroboranti come il Grog, preparato con acqua calda, lime, spezie e zucchero di canna e che deve il suo nome all’ammiragio Edward Vernon, che era solito indossare un vecchio soprabito di Grogham.
Il successo fu tale che l’Ammiraglio decise di concedere una razione giornaliera di rum all’equipaggio, anche perché a suo dire l’alcool ostacolava il propagarsi delle malattie. Inoltre aggiungendo alla bevanda zucchero e succo di lime si apportavano energie e vitamine. Il rum teneva alto il morale dei marinai, lo zucchero dava sostentamento e la vitamina c del lime combatteva lo scorbuto. L’usanza di bere grog sulle navi inglesi rimase intatta fino al 1970.
Il resto è storia moderna, il rum è tornato di gran moda dopo il periodo proibizionista grazie all’era Tiki, che si protrasse fino agli anni 60 del secolo scorso, ed anche ai giorni nostri la rivalutazione di questo distillato e di antiche ricette è affidata alle sapienti mani dei bartenders che hanno il compito ed il dovere di rendere giustizia ad un distillato che porta con sé un culturale, artigianalità e, soprattutto, l’urlo di libertà di milioni di schiavi!
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Cheers!
Michelangelo